ITALEXIL: emigrazione e immigrazione forzate

 

Come riprodurre una popolazione che non intende più riprodursi.

 

Una recente sintesi demografica (https://www.agi.it/data-journalism/italiani_estero_quanti_sono-4564494/news/2018-11-04/) ha messo in evidenza come l’Italia, il cosiddetto Bel Paese dell’Unione Europea, non sia poi un Paese così vivibile agli occhi di buona parte della popolazione nativa. Gli Italiani in fuga sono tanti, forse troppi per non evidenziare una qualche condizione patologica dello stivale, ma visto che sono altrettanti i ‘disperati’ che approdano sulle nostre coste in cerca di maggior fortuna, c’è qualcosa che non ci convince nella narrazione convenzionale sulla immigrazione somministrata nel Bel Paese.

 

 

Nelle pagine che seguono cercheremo di spiegare il perché...

L’intento del resoconto demografico citato in precedenza, non era certamente quello di mettere in cattiva luce il Bel Paese, ma non possiamo nascondere il fatto che i dati utilizzati e ben rielaborati confermino ciò che molti italiani hanno intuito vivendo nel loro Paese.

Vivere in Italia senza garanzie, amicizie altolocate e maggiori tutele è molto, troppo, difficile. I salari netti sono già bassi per chi possiede un lavoro stabile e le condizioni di vita sono quasi sempre a rischio per chi un lavoro stabile non ce l’ha. A meno che non si tratti quindi di cittadini che hanno il privilegio di lavorare per la pubblica amministrazione (lo Stato ed i suoi enti), che offre ampie garanzie di sopravvivenza e di maggior tutela, chiunque viva e lavori in Italia, senza un salario garantito a vita, paventa, ogni giorno di più, il pericolo di una esistenza precaria. Drammatico in particolare il caso dei lavoratori autonomi costantemente a rischio ‘fallimento’ a causa dell’ideologia che orienta i comportamenti dello Stato nei confronti del lavoro autonomo.

Tuttavia, da un altro documento https://it.wikipedia.org/wiki/Immigrazione_in_Italia si rileva una dinamica migratoria in ingresso che è pari alla consistente ‘trasmigrazione delle anime’ verso l’estero che peraltro pecca per difetto, visto che molti italiani emigrano senza iscriversi all’anagrafe dei residenti all’estero (AIRE). Poco più di 5 milioni sono infatti gli iscritti all’AIRE così come altrettanti sono gli stranieri ormai residenti in Italia. Questo fenomeno lo chiameremo: dinamica di “input/output” e tutto senza contare i clandestini che approdano sulle nostre coste ormai ogni giorno.

 

 

Ma in mancanza di una interpretazione dei numeri, la politica nazionale nella narrazione dei media non pare avere la responsabilità di queste dinamiche demografiche contraddittorie, benché la “naturale” ed “inevitabile” dinamica di “input/output” indichi il contrario. Se infatti tanti cittadini escono dal proprio Paese e altrettanti ne entrano, il dubbio sulla contemporanea attrattiva del Bel Paese dovrebbe sorgere spontaneo. Tutte le dinamiche di natura demografica infatti non sono esclusivamente il risultato di inevitabili condizioni al contorno (variabili esterne o esogene) e, se così fosse, non ci troveremmo banalmente di fronte all’abbandono naturale del territorio da parte dei nativi, mentre, contemporaneamente, si verifica un massiccio approdo di masse di individui in cerca condizioni di vita migliori. Se poi il Paese fosse veramente così attrattivo, sarebbe difficile comprendere il perché dei dati allarmanti che riguardano le nascite, che sono di gran lunga inferiori alla riproduzione naturale dell’attuale popolazione residente.

È sufficiente un’immagine statistica che fotografa la situazione delle nascite e delle morti in Italia per rendersene conto:

 

In blu le nascite e in rosso le morti in Italia tra il 1862 e il 2016. Elaborazione di dati ISTAT dal 1862 in poi.

 

Per nascondere questa pesante realtà che si cela dietro i numeri e che dimostra il nichilismo della popolazione residente, si diffonde tra i “media” un’interpretazione ideologica che si appella al pietismo ed alla solidarietà per i migranti in ingresso e all’ingratitudine che manifesterebbero gli italiani in uscita, ovvero il presunto egoismo delle nuove generazioni che non sarebbero disponibili a fare dei figli. E tutto questo viene raccontato per coprire le vere ragioni che orientano le scelte politico/demografiche del nostro Paese.

L’accoglienza degli immigrati, secondo l’interpretazione ideologica dominante, sarebbe finalizzata esclusivamente alla salvezza dalla morte di quelle ingenti masse di popolazione disperata che scappano dalle guerre e/o da condizioni economiche da fame. E sempre secondo l’interpretazione ideologica dominante, i flussi migratori verso il nostro Paese sarebbero causati dall’attrazione della ricca Europa e dai malsani interessi economici dell’intero Occidente, che avrebbe mandato in rovina vaste aree del continente africano e medio orientale. Anche l’Unione Europea e con essa l’Italia ne sarebbero quindi la causa, benché, ideologicamente parlando, non vi sarebbe alcuna responsabilità politica volta a richiamare queste stesse masse verso il nostro Paese. Ma allora: perché mai gli italiani dovrebbero abbandonare il loro Paese? Malgrado l’interpretazione istituzionalmente accreditata, si capisce che quest’ultima non spiega il motivo reale per cui, contemporaneamente, una buona fetta di popolazione italiana si vede oggi costretta ad abbandonare il Bel Paese in cerca di maggior fortuna e/o maggiore tranquillità sociale ed economica. Peggio ancora, non esiste alcuna spiegazione seria che sveli quali sono le reali politiche che costringono i cittadini italiani a non riprodursi più.

La contraddizione, a questo punto, ci pare evidente: il nostro Paese che è accogliente e solidale con i disperati della Terra, di fatto non lo è con quella parte di italiani che, vivendo in un ‘mondo ricco e opulento’, non sono più in condizioni di accettare l’altissimo rischio di fallimento presente in patria.

Purtroppo, il potere dominante in Italia, che orienta gli aspetti strutturali del problema demografico e migratorio, non sembra pronto ad ammettere le sue responsabilità (storiche) e, attraverso l’uso di una romantica narrazione mediatica, preferisce occultare le ragioni profonde di questi due fenomeni demografici e migratori combinati.

Per comprendere il significato dei flussi nel loro complesso e nel loro intimo collegamento di “input/output”, bisogna quindi orientarsi verso una spiegazione logico deduttiva che, osservando gli effetti, non può che svelare il piano storico/strategico nazionale, che di fatto ha lo scopo di sostituire buona parte della popolazione italiana residente con masse più povere e meno informate delle attuali.

La nostra tesi è quindi la seguente: in Italia vi è un forte investimento del potere dominante che tende a richiamare masse povere e disperate verso il nostro Paese, grazie ad una politica economica e fiscale sostenuta dalle politiche migratorie dell’Unione Europea porta Roma ad impoverire e/o allontanare prematuramente i cittadini italiani non più allineati alle vecchie e consolidate dinamiche pauperiste dal loro territorio. Difficile infatti che una popolazione che vive in una delle prime potenze economiche occidentali, che dimostra di avere sufficienti risorse per accogliere una massiccia immigrazione di disperati proveniente dai paesi cosiddetti poveri, contemporaneamente emigri e smetta di riprodursi.

Delle due l’una: o qualcosa non funziona nel sistema socio economico nazionale rispetto al resto d’Europa, oppure esiste una vera e propria strategia, che spinge verso una profonda trasformazione della formazione sociale italiana che oggi si dimostra non più disposta ad alimentare il potere dominante in Italia, accettando condizioni precarie di lavoro e quindi di vita.

Per spiegare meglio come la giustificazione ideologica dominante del problema demografico sia mistificante, ricorreremo ad una diversa lettura dei dati che ci porta ad una interpretazione politica di queste dinamiche che coinvolge la cultura pauperista tipica dell’Italia catto/comunista.